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martedì 24 febbraio 2015

E' SUFFICIENTE SCRIVERE PER ESSERE DEFINITI SCRITTORI?



Si è scrittori perché si scrive o bisogna saper scrivere BENE per poter essere definiti scrittori? 



Non è semplice come sembra rispondere a questa domanda, perché oggi siamo sommersi da gente che si definisce tale, nonostante non abbia il diritto di "indossare" questa veste così importante. Lo scrittore, infatti, non è solo colui che sa scrivere, ma è anche colui che con le parole sa far sognare il lettore a occhi aperti, sa farlo emozionare, ridere, piangere, gioire. 

Purtroppo, invece, sono troppi coloro che pensano di essere degli autori da premio Nobel, quando non conoscono le basi della scrittura.

Saper scrivere in ITALIANO CORRETTO è fondamentale, conoscere le regole grammaticali è altrettanto importante, coniugare correttamente i verbi, utilizzare al meglio la punteggiatura, sono tutti punti che non possono essere trascurati. 

Serve, poi, una buona dose di FANTASIA. Raccontare una storia richiede una certa organizzazione mentale: è necessario studiare i vari personaggi, stabilire quali rapporti intercorrono fra loro. Fatto questo, ecco che si è pronti per la stesura.

Il lavoro dello scrittore non termina qui. Seguirà la correzione delle bozze, l'editing vero e proprio e ci sarà bisogno di leggere il nostro lavoro un'infinità di volte prima di proporlo ai lettori e a una eventuale casa editrice. 

Se il prodotto finale è ordinato, pulito, scorrevole, si potranno ottenere buoni risultati. Viceversa il rischio è quello che venga cestinato dopo aver letto le prime due righe.

Chi fa questo difficile mestiere, anche solo per passione deve, prima di tutto, essere un ACCANITO LETTORE. Solo così potrà capire come impostare correttamente il lavoro per far si che venga apprezzato. 

Infine ci va una consistente dose di MODESTIA e di PAZIENZA. Non bisogna mai sentirsi arrivati. Chi si sente arrivato, infatti, rischia di non avere più stimoli, di non fare più nulla per migliorarsi.

Ricapitolando, dunque, ecco le caratteristiche principali per poter essere definiti scrittori:
1) LEGGERE MOLTO
2) CONOSCERE LA GRAMMATICA
3) AVERE FANTASIA
4) ESSERE MODESTI E PAZIENTI

Elvira Tonelli


domenica 15 febbraio 2015

CORREZIONE BOZZE ED EDITING

Correzione di bozze: lettura del testo e correzione di eventuali errori tipografici. EURO 0,30 A CARTELLA

Editing: sistemazione redazionale del testo. EURO 0.50 A CARTELLA

Correzione bozze più Editing: EURO 0.40 A CARTELLA

Per informazioni scrivete a tonelli.elvira@inwind.it

venerdì 13 febbraio 2015

UN REGALO PER VOI: IL SESTO CAPITOLO DE "IL SOLE ORA SPLENDE"

In attesa dell'uscita della seconda edizione del romanzo "IL SORRISO INNOCENTE DELL'AMORE", ecco a voi il mio racconto "IL SOLE ORA SPLENDE". Oggi vi propongo il CAPITOLO 6:

Giunsero a Madonna dell’Olmo poco dopo le 22. Jessica lo salutò e, presa la valigia, entrò in casa.
Suo padre era seduto sul divano intento a guardare la televisione.
«Ciao papà, sono tornata!».
«Ciao», biascicò senza nemmeno guardarla.
«Tutto bene?», domandò lei.
«Sto guardando la televisione, meglio di così!», rispose Luigi, continuando a tenere gli occhi attaccati allo schermo.
«Sei sicuro di stare bene?», insistette Jessica. Suo padre era molto strano. Sembrava avesse bevuto. Non voleva nemmeno pensare a una cosa del genere, ma temeva, ahimè, di non sbagliarsi.
Luigi si alzò e, cercando di apparire più sobrio che mai, le disse, «Sono sicuro».
Solo che si accorse lui stesso che faceva fatica a parlare e lei a quel punto sbottò.
«Tu hai bevuto», esordì quasi urlando.
«Sì, ho bevuto e allora? Sono libero di fare ciò che voglio», la aggredì lui.
«Non ti è bastato rischiare di morire una volta? Lo sai benissimo cosa hanno detto i medici. Mi faccio in quattro per starti dietro, per controllarti e tu che fai? Per la prima volta che decido di trascorrere il weekend fuori ti ubriachi?».
Jessica non riusciva più a controllarsi. Era furiosa con suo padre e con se stessa.
Se solo fosse rimasta a casa…
Stava ancora tremando, quando Luigi prese la bottiglia di grappa che aveva nascosto sotto il cuscino del divano e, urlando, si avvicinò a Jessica.
«Devi smetterla di dirmi cosa devo fare o non fare, hai capito? Chi ti credi di essere? La figlia eroina che salva suo papà? Dovresti solo ringraziarmi per non averti consegnata ad un orfanotrofio quando tua madre se n’è andata. La vedi questa?», urlò indicandole la bottiglia, «Era piena, ma l’ho bevuta tutta e sto benissimo… I medici sono degli incapaci, non sanno quello che dicono».
Jessica rimase interdetta, vedendo che si era scolato un’intera bottiglia di grappa e, raccolte tutte le sue forze, sbottò tra le lacrime
«Sei un grande egoista… io mi preoccupo per te e tu, te ne freghi! Se mi volessi un briciolo di bene, non avresti bevuto. Sei un egoista, un egoista…».
Ora le lacrime cadevano copiose sul suo volto.
Luigi, in preda ai fumi dell’alcool e non sopportando più le lamentele di sua figlia, colto da un raptus, si avvicinò e, senza che lei potesse rendersene conto, le scaraventò la bottiglia sulla testa, mandandola in frantumi. Jessica sentì solo un colpo secco e poi, più nulla.
Luigi, vedendola a terra, fu preso dal panico. La lasciò lì, sanguinante, e fuggì via.
Il giorno seguente, non vedendola arrivare al lavoro, Raffa provò a chiamarla.
Il cellulare suonava a vuoto. Provò e riprovò più volte, invano. Preoccupato prese la macchina e andò a casa sua.
Il cancello era aperto. Entrò senza nemmeno suonare.
La porta di casa era solo socchiusa. Quando la vide riversa sul pavimento, si spaventò. Si avvicinò, la chiamò, ma nulla. Era tutta insanguinata.
Chiamò immediatamente i soccorsi. Del padre nessuna traccia.

Elvira Tonelli
NEI PROSSIMI GIORNI IL CAPITOLO 7

mercoledì 11 febbraio 2015

UN REGALO PER VOI: IL QUINTO CAPITOLO DE "IL SOLE ORA SPLENDE"

In attesa dell'uscita della seconda edizione del romanzo "IL SORRISO INNOCENTE DELL'AMORE", ecco a voi il mio racconto "IL SOLE ORA SPLENDE". Oggi vi propongo il CAPITOLO 5:
Arrivò il sabato mattina. Alle nove in punto Raffa suonò alla porta. Jessica fece le ultime raccomandazioni a suo padre e, valigia alla mano, raggiunse il suo ragazzo.
Partirono alla volta di Bordighera. Qui Raffa aveva un appartamento, di proprietà dei suoi nonni, di cui poteva disporre a piacimento.
In poco più di due ore arrivarono a destinazione.
L’alloggio si trovava al secondo piano di un palazzo in centro città. Era molto grazioso. Dopo un piccolo ingresso si entrava in soggiorno. Qui vi era un divano rosso, un tavolino e un televisore, sul lato destro un’ampia libreria e sul lato sinistro una porta finestra che dava su una strada, per fortuna, poco trafficata.
La cucina era piuttosto piccola, ma molto curata. Poi vi era il bagno e una camera con un letto matrimoniale e un divano letto. Sistemarono la poca roba che si erano portati e prepararono un pranzetto molto semplice: pasta al pesto e una milanese.
Nel pomeriggio ne approfittarono per fare due passi sul lungomare.
Nonostante fosse Novembre inoltrato, il clima era piuttosto mite. Una leggera brezza le scompigliava i capelli.
«Come sei bella con i capelli al vento!», disse Raffa.
C’era poca gente e si stava veramente bene. Mano nella mano percorsero tutto il lungomare, poi si addentrarono in centro. Visitarono un parco con piante tropicali e, poi, si fermarono in un bar a gustarsi una buona cioccolata calda.
Jessica notò che Raffa la stava guardando e sorrideva.
«Che hai da ridere?», chiese.
«Sei veramente buffa!», rispose lui.
«Buffa? E perché?», domandò incuriosita.
«Sei tutta sporca di cioccolato!!! », disse ridendo di gusto.
Jessica prese il tovagliolo e si apprestò a pulirsi con cura il viso.
«Beh… grazie!! Potevi anche dirmelo prima, al posto di stare lì imbambolato a guardarmi e ridere!», cercò di dirgli con aria seria, senza però riuscire nell’intento.
Scoppiarono entrambi in una sonora risata, poi i loro occhi si fecero improvvisamente seri e Raffa sussurrò: «Ti amo tantissimo!».
Jessica abbassò lo sguardo, un po’ imbarazzata. Non era ancora abituata a tutte quelle attenzioni che le riservava.
«Sto davvero bene con te. Mi fai sentire una principessa!», disse con voce appena percettibile.
Le sue guance si colorarono di rosso… lei sentiva il calore al viso e sapeva di stare avvampando, ma decise di non nascondere quel suo imbarazzo.
«Mi piace, sai quando diventi tutta rossa?», disse, avvicinando pian piano le labbra alle sue e baciandola dolcemente.
Uscirono dal bar che iniziava già a farsi notte e si era anche messo a piovigginare.
Cercando di passare tra una goccia e l’altra, raggiunsero l’appartamento.
Quella sera, causa maltempo, non uscirono, ma si misero accoccolati sul divano, davanti alla televisione.
In realtà più che guardare la tv, parlarono di tutto e di niente. Jessica adorava stare abbracciata a Raffa. Sentire le sue braccia che la avvolgevano la faceva sentire protetta e al sicuro. Una sensazione nuova per lei.
«Va tutto bene? Ti vedo pensierosa», disse a un certo punto Raffa.
«Sì, tutto bene, stavo pensando a mio padre… negli ultimi giorni l’ho visto più nervoso del solito. Spero solo che non abbia ripreso a bere di nascosto».
«Ma no, stai tranquilla. Magari è nervoso perché inizia a fare freddo e deve passare più tempo chiuso in casa…».
«Speriamo…», concluse Jessica.
Era il primo weekend che trascorreva fuori casa e non poteva nascondere di sentirsi un po’ in colpa per aver lasciato solo suo padre, anche se, come le aveva anche sottolineato Raffa, era giunto il momento di pensare un po’ alla sua vita, visto che fino a quel momento tutto ciò che decideva di fare ruotava intorno a Luigi.
Jessica sapeva che il suo ragazzo aveva pienamente ragione, ma le sue preoccupazioni non potevano venir meno. Nonostante tutto lui era sempre suo padre e, a modo suo, le voleva bene.
Dopo essere riuscita a scacciare dalla mente questi pensieri negativi, la serata trascorse serena.
Lei si addormentò tra le braccia di Raffa che, accortosene, la portò di peso in camera. La adagiò sul letto e, con estrema cautela, si limitò a toglierle i jeans. Poi, prima di coprirla, si soffermò a osservarla. Era bellissima. Quel viso d’angelo lo aveva colpito dal primo istante che l’aveva vista, ma Jessica era bella in tutto e per tutto. Le passò le mani sui capelli biondi e setosi, e con molta delicatezza la baciò sulle labbra. Aveva una voglia matta di toccare tutto il suo corpo, di respirare il suo profumo, di assaporare la sua pelle, di sentirla sua, ma tutto sarebbe accaduto a suo tempo. Non voleva forzare i tempi perché ci teneva troppo a quella ragazza. Lo aveva stregato e, conoscendo il suo passato, l’unica cosa che voleva era offrirle un po’ di serenità e tanto amore.
Il mattino seguente Jessica si svegliò e lo vide girato verso di lei che la osservava.
«Buongiorno Raffa, dormito bene?», chiese con la voce ancora impastata dal sonno.
«Certo cara. E tu?», domandò.
«Anch’io! Credo di aver fatto una tirata unica. Era già da parecchio che non dormivo così bene!», rispose.
«Lo sai che sei bellissima anche quando dormi?».
«Mm... mi metti in imbarazzo se dici così…», disse lei, nascondendo il viso sotto il cuscino.
«Vieni fuori da lì dolcezza…», e la abbracciò.
«Anch’io ho dormito benissimo, sai? Credo sia stata la tua presenza a trasmettermi queste onde positive!», disse ridendo Raffa.
«Ho fame!», piagnucolò lei.
«Possiamo risolvere in fretta questo problema. Che ne dici di darci una bella rinfrescatina per svegliarci e poi ci fiondiamo al bar all’angolo per una buona colazione?», propose.
«Ci sto», disse Jessica che, con calma, si alzò e andò in bagno.
Dopo mezz’ora erano al bar.
Quella domenica, al contrario del giorno precedente, a Bordighera splendeva un bellissimo sole. L’aria era fresca, ma non faceva nemmeno troppo freddo. Trascorsero gran parte della giornata seduti in spiaggia a rilassarsi e a parlare di loro. Raffa le raccontò alcuni aneddoti di quando era bambino. Le confidò che, a circa sei anni, era scappato di casa perché si era messo in testa di voler fare l’esploratore. E per scoprire qualcosa, si sa, occorre muoversi, viaggiare. Aveva quasi raggiunto la stazione ferroviaria senza, peraltro, avere in mente una destinazione precisa quando, un amico di suo padre, lo riconobbe e gli chiese cosa facesse lui lì. Raffa ci rimase molto male, non voleva dirgli la verità, ma poi cedette. L’uomo avvertì i suoi genitori che, nel frattempo, si erano messi a cercarlo ovunque, e lo riaccompagnò a casa. Suo padre lo guardò con due occhi così intensi, arrabbiati e delusi, che lui si vergognò tantissimo, mentre sua madre, in preda a una crisi isterica, gli mollò un ceffone e lo mise in castigo: rimase chiuso nello sgabuzzino per due giorni. Poteva uscire solo per mangiare e andare in bagno.
«Capisci che, dopo questa mia esperienza, ho cambiato completamente idea su cosa fare da grande ed è così che ho optato per l’avvocatura, per difendere chi, come me, ha subito un torto!!!» disse, sorridendo.
«Certo che l’hai combinata bella!» commentò ilare Jessica.
Insomma… la giornata trascorse così, in un excursus di passato, presente e futuro e, in men che non si dica, arrivò l’ora di rientrare a casa.

Elvira Tonelli
NEI PROSSIMI GIORNI IL CAPITOLO 6

UN REGALO PER VOI: IL QUARTO CAPITOLO DE "IL SOLE ORA SPLENDE"

In attesa dell'uscita della seconda edizione del romanzo "IL SORRISO INNOCENTE DELL'AMORE", ecco a voi il mio racconto "IL SOLE ORA SPLENDE". Oggi vi propongo il CAPITOLO 4:

Con Raffa vicino, tutte le difficoltà quotidiane, passavano in secondo piano.
Suo padre sembrava essere persino felice per lei. La vedeva finalmente sorridente e serena.
Lui, invece, iniziava a non sopportare più quella sensazione che provava, legata alla sua completa astinenza dall’alcool.
Era passato quasi un mese da quando aveva smesso di bere. Ogni volta che la tentazione era forte, cercava subito di impegnarsi in qualcosa e così aveva sistemato la persiana della sua camera da letto, ormai da troppo tempo rotta, aveva cambiato la lampadina in cantina, accatastato tutta la legna in cortile. E, quando non aveva voglia di lavorare, prendeva la bicicletta e si faceva tranquille gite in campagna. Partiva da casa e, dopo aver attraversato la strada principale, svoltava a destra in una via sterrata che costeggiava i campi coltivati in prevalenza a mais poi, passando di fianco al cimitero, proseguiva fino a ritornare sulla strada principale. Erano soltanto quattro chilometri, ma con il suo andamento lento, impiegava quasi un’ora, anche perché, spesso e volentieri, incontrava qualche contadino e si fermava a scambiare due parole.
Jessica gli aveva regalato Puffy, un cucciolo di Labrador che lui, nonostante la diffidenza iniziale, ora adorava. Lo seguiva ovunque e, quando era di cattivo umore, gli bastava guardare il suo cucciolo scodinzolare, per tornare a sorridere.
Quando incontrava i suoi amici in giro, si fermava a parlare del più e del meno ma, alla richiesta di prendere un aperitivo o bere qualcosa al bar, rifiutava sempre.
Non era voluto andare agli incontri degli Alcolisti Anonimi perché era sicuro di potercela fare da solo. Ora, però, la sua resistenza si faceva sempre più flebile.
Quando andava a fare la spesa al supermercato cercava sempre di evitare la corsia delle bevande.
Era, ormai, metà novembre e quel giorno il freddo era particolarmente pungente. Luigi era a spasso con il cane quando, sulla strada del ritorno, incontrò Luca, un amico del bar.
«Ehi Luigi, da quanto tempo che non ti si vede più in giro!!! Che ti è successo?», chiese.
«Veramente sono sempre in giro, solo che ora, con il cane, preferisco posti più tranquilli», rispose lui.
«Oggi fa un freddo… ti va di andare al bar, a prendere qualcosa per scaldarci un po’?», lo provocò Luca.
«Mah, non so… con il cane…», disse lui, piuttosto titubante.
La tentazione era così forte che cercava di aggrapparsi a qualunque cosa pur di evitare i bar.
«Cosa c’entra il cane? Al Centro (così si chiamava il locale, poco distante da dove si trovavano loro in quel momento) può entrare anche lui», replicò indicandolo.
«E va bene…», cedette Luigi.
I due entrarono nel bar, si sedettero e Puffy si accucciò sotto il tavolo. Quando arrivò la cameriera, il cucciolo guardò Luigi con due occhi che parevano dirgli ‘Occhio a cosa ordini!’.
«Cosa posso portarvi?», chiese gentile.
«Per me un bianco», disse senza esitazioni Luca.
«Per me… un caffè», ordinò Luigi.
«Un caffè? Ma allora stai proprio male! Dai fatti un bianco, che sarà mai?», lo incitò Luca.
«Mah… non so… e va bene, portami anche un bianco», cedette, infine.
Dopotutto era un mese che non beveva nulla di alcolico, un bicchiere di vino non gli avrebbe certo fatto male. E poi, la vita era la sua. Non sopportava di dover sempre essere controllato dagli altri.
Quando arrivarono le ordinazioni, i due amici brindarono e, poi, Luigi assaporò quel gusto che tanto gli era mancato. Si sentiva in Paradiso. Che bella sensazione…
Bevve fino all’ultima goccia e poi, per evitare il peggio, si alzò, salutò l’amico e se ne andò.
Era soddisfatto perché era riuscito a frenare la sua voglia. Dopo quel bicchiere, infatti, ne avrebbe ordinato subito un altro, ma non lo fece.
Rientrato a casa, ritornò al suo solito tran tran.
Adesso, però, sapeva di riuscire a dire ‘basta’ per cui avrebbe potuto ricominciare a bere ogni tanto un bicchiere.
Non disse nulla, ovviamente, a sua figlia.
Ultimamente lei, non era molto in casa. Di giorno al lavoro e di sera, sovente, usciva.
Lo vedeva dai suoi occhi che si era innamorata ed era felice per lei. Si augurava che il suo ragazzo fosse una persona perbene e, soprattutto, affidabile, cosa che né lui, né tantomeno la sua ex moglie erano stati per Jessica.
Il giorno seguente si recò a fare la spesa e, facendo finta di nulla, mise nel carrello una bottiglia di grappa. ‘Da tenere nel caso qualcuno venisse a trovarmi’, si disse per giustificare l’acquisto.
Arrivato a casa andò subito nella sua camera a nasconderla.
Quel giorno cercò di concentrarsi sui piccoli lavoretti che doveva fare, ma nella testa aveva sempre il pensiero fisso della bottiglia di grappa. Verso sera non ce la faceva più. Salì in camera, prese in mano la bottiglia, la aprì, ne assaporò il profumo e poi, con un po’ di sensi di colpa, ne assaggiò un goccetto.
“Ah… quanto è buona, come ho fatto a stare senza per così tanto tempo… Un goccio ogni tanto aiuta a tirarmi un po’ su!”, pensò tra sé e sé.
Luigi non sapeva che da quel momento sarebbe iniziata la fine della sua esistenza.
Quando Jessica rientrò, notò qualcosa di strano nel comportamento di suo padre.
Sembrava più agitato, più nervoso del solito. Durante la cena, però, parlarono del più e del meno e quindi lei si tranquillizzò.
«Papà, ascolta, se per te non è un problema sabato e domenica vado al mare con Raffaele. Te la senti di stare a casa da solo?», chiese, premurosa, Jessica.
«Sono già sempre solo, sei tutto il giorno al lavoro! Comunque vai tranquilla e goditi il weekend», le disse.

Elvira Tonelli
NEI PROSSIMI GIORNI IL CAPITOLO 5