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martedì 24 dicembre 2013

IL REGALO PIU’ GRANDE di Elvira Tonelli



C’era una volta una signora anziana che viveva sola in una casetta isolata situata su una collina di un piccolo paesello. Abitava lì da ben 50 anni, ossia da quando si era sposata. La sua dolce metà, purtroppo, non c’era più. Non avevano avuto figli.
Lei veniva descritta come una pazzerella che aveva rifiutato la proposta del Comune di trasferirsi in casa di riposo ed era conosciuta come “l’eremita”.


Una ragazza un giorno stava facendo una passeggiata quando scoppiò un temporale violento. Era bagnata fradicia e faticava a vedere la strada. A un certo punto notò una casetta. 

Pensando fosse disabitata non ci pensò due volte e si incamminò in quella direzione. Giunta a destinazione vide che la porta non era chiusa a chiave, la aprì ed entrò. 

“Buongiorno signorina, ti serve aiuto?”. Fu questo il saluto dell’anziana donna. La giovane si spaventò a morte e urlò, ma venne subito tranquillizzata. 

“Stai calma, io abito qui. Non chiudo mai a chiave la porta perché, di solito, non viene nessuno. Vedo che sei tutta bagnata. Ti prendo un asciugamano. Se vuoi andare in bagno a darti una sistemata…”. 

La giovane riuscì solo a dirle “Grazie”. 

Dopo qualche minuto uscì dal bagno asciutta e con indosso un accappatoio. Nel frattempo la donna aveva provveduto a sistemare i vestiti fradici vicino alla stufa a legna che emanava un calore avvolgente. 

La casa era disadorna, fornita soltanto dello stretto necessario: un tavolo con due sedie, la stufa, un piccolissimo frigorifero, e un mobiletto a due ante che conteneva stoviglie e canovacci. Il bagno era piccolo e freddo, dotato di una vasca, un lavandino e il gabinetto. Non un mobile, non uno specchio, nulla. Accanto vi era un’altra porta che, si presumeva, conducesse alla camera da letto. 

La giovane rimase stupita nello scoprire che la signora abitava da sola in quella “catapecchia” e si rese conto di essere finita da quella che in paese chiamavano “l’eremita”. Fu ancora più meravigliata nello scoprire quanto fosse gentile e simpatica, al contrario di come veniva descritta da tutti: bisbetica, mezza strega, ecc. 

Rimase da lei un paio d’ore aspettando che finisse il temporale e che i suoi vestiti asciugassero. Tra una chiacchiera e l’altra, sorseggiò una tazza di the alla menta e dei biscottini fatti a mano, veramente gustosi. Ascoltò attentamente tutta la storia della donna: una vita di amore, fatica e sacrifici. 

Ancora adesso, alla sua età, doveva arrangiarsi per mangiare e non sprecare nulla, anche perché c’era un uomo di mezza età, dipendente comunale, che era stato in caricato di fare la spesa e di portargliela una volta ogni due settimane. Dopodiché si doveva aggiustare ed è per questo che aveva dovuto imparare, a conoscere tutte le erbe e i fiori e a sfruttarne le capacità nutritive.  

La ragazza non poté fare a meno di domandarle come mai continuasse a vivere in quel posto così isolato, tutta sola. La risposta dell’anziana la lasciò senza fiato: “E’ vero. So di sembrare a tutti una povera pazza, è vero che mi sento sola, non ho nessuno con cui parlare, se non le quattro gallinelle che ho là fuori,  le giornate sono lunghe e quando fa brutto tempo che non posso uscire, addirittura eterne, ma qui ho vissuto con il mio grande amore. E’ qui che ci siamo voluti bene, amati alla follia, ed è qui che morirò, come ha fatto mio marito”. 

Da quel giorno, la giovane si ritagliava un paio d’ore ogni fine settimana e, a piedi, raggiungeva la “capanna dell’eremita”, come volle definirla, nonostante il parere contrario dei genitori e dei suoi amici. Lei, però, voleva trascorrere del tempo con la donna che quel giorno la “salvò” da quel brutto temporale. E poi le piacevano le storie che le raccontava, amava osservare l’abilità con cui ricamava, la bravura nello sfornare dolci buonissimi e dal profumo inebriante.

 Il loro incontro aveva permesso all’eremita di lasciare da parte la malinconia e di trovare di nuovo la voglia di sorridere alla vita. I giorni che trascorreva sola durante la settimana non le pesavano più, perché attendeva con ansia il sabato per poter ascoltare tutte le peripezie della ragazza, la quale era diventata un po’ come una nipote per lei. 

A Natale poi la giovane le fece davvero una grande sorpresa. Le propose di trascorrere la festività con la sua famiglia che, nel frattempo, vedendo quanto la figlia si fosse affezionata a questa strana signora, si era addolcita un po’ e aveva accettato di invitarla a pranzo. 

L’eremita inizialmente non volle saperne di abbandonare, anche solo per un giorno, la sua dimora ma, dopo varie insistenze, non riuscì a rifiutare l’invito della sua nipote acquisita.

Con un po’ di timore e preoccupazione, quella mattina, aspettò la ragazza e, insieme, si avviarono in paese. Conobbe i genitori e il fratello più giovane e si stupì del calore con cui l’accolsero. Mangiarono in allegria, chiacchierarono molto e l’anziana non faticò assolutamente a integrarsi nella famiglia. Terminato il pranzo gustarono i biscotti che aveva fatto con le sue mani, e che furono apprezzati moltissimo da tutti. 

Fu una giornata davvero speciale per l’eremita. Stare in compagnia e, soprattutto, sentirsi amata, fu per lei il regalo più grande, il vero miracolo del Natale.

A NATALE REGALIAMO DEL TEMPO alle persone che amiamo, alle persone sole. Certe volte stare in compagnia aiuta di più che ricevere un regalo. 

AUGURI A TUTTI!

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