Oggi piove e fa freddo.
Non quel freddo secco, come d’inverno; un freddo umido, quello che ti entra
nelle ossa, ti penetra dentro e ti fa venire voglia di chiuderti in casa,
raggomitolato sul divano davanti al camino acceso ad assaporare il calore che
emana il legno scoppiettante.
Ma non si può, almeno non a Genova, dove l’acqua
è entrata ovunque e ha portato via tutto ciò che la gente aveva, con fatica,
ripristinato dopo l’altra alluvione. Già… perché non è la prima volta che l’acqua
distrugge tutto.
E la pioggia che scende copiosa mi fa venire alla mente il
mondo che piange di un pianto disperato, contro “il troppo” che abbiamo fatto,
costruito, inventato. La natura ci sta chiedendo di lasciarla in pace, di
lasciarle fare il suo corso, di non costringerla a percorsi prestabiliti.
Ci
sta chiedendo di smetterla con la nostra eccessiva capacità creativa. Non c’è
più spazio per il cemento, per le macchine, per l’inquinamento….
Per fortuna la
natura ci è amica e finché può ci aiuta a stare bene, ma ora troppo spesso
viene deturpata, violentata e – a ragione – ci si ritorce contro. Non sappiamo
più che aria respiriamo, perché l’ossigeno “buono” prodotto dagli alberi è sempre
più spesso soppiantato da agenti velenosi che fuoriescono da ogni dove.
Ciò che
mangiamo è comunque contaminato, anche se si tratta di verdura nata nel nostro
orto “biologico”. Dobbiamo cambiare modo di fare e di essere, altrimenti non
serve lamentarsi, non più. La colpa è nostra, solo nostra.
E. T.
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